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La morte dell'ultras Fabrizio Piscitelli a Roma

Omicidio Diabolik, confermata l’identità del presunto killer: Calderon non esiste, vero nome è Musumeci

Confermata anche in aula la vera identità del presunto killer di Diabolik: le impronte digitali hanno confermato che Raul Esteban Calderon è Alejandro Gustavo Musumeci.
A cura di Natascia Grbic
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Raul Esteban Calderon non è mai esistito. O almeno lo è stato solo in funzione della sua attività criminale in Italia, una doppia identità creata molto probabilmente per depistare le indagini e rendersi irraggiungibile. Ieri in aula, davanti i giudici della terza Corte d'Assise, il pubblico ministero Mario Palazzi ha confermato che il nome "Raul Esteban Calderon è falso e non esiste": l'uomo condannato in primo grado per l'omicidio di Selavdi Shehaj e accusato dell'uccisione di Fabrizio Piscitelli, in realtà si chiama Gustavo Alejandro Musumeci. A confermarlo, anche un tecnico della polizia scientifica, che ha comparato le impronte di Calderon con quelle di Musumeci: "Una comparazione dattilostopica delle due impronte fatta in base alla documentazione inviata dalle forze dell'ordine italiane e dalla polizia argentina. Da trent'anni lavoro su frammenti, in questo caso si tratta invece di due impronte complete", ha dichiarato.

Gli omicidi di cui è accusato Calderon/Musumeci

Le dichiarazioni sono state fatte nell'udienza per l'omicidio dell'ex capo degli Irriducibili della Lazio, Fabrizio Piscitelli, ucciso con un colpo di pistola al parco degli Acquedotti a Roma. Secondo quanto ricostruiti dalle indagini, sarebbe stato proprio Calderon a sparare alla testa di Diabolik mentre era seduto su una panchina con la sua guardia del parco. Una modalità di omicidio simile a quella con cui è stato ammazzato Selavdi Shehaj sulla spiaggia di Torvaianica, freddato con un colpo di pistola da una persona travestita da runner, che poi è fuggita insieme a un complice. In questo caso, l'uomo deve rispondere di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi.

A confermare la vera identità di Calderon, chat sul telefono, conversazioni con la sorella e con la madre, foto di famiglia e documenti argentini che già avevano confermato agli inquirenti quella doppia identità usata per la sua attività criminale.

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